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ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL “GRUPPO DI
MITRA CHE UCCIDE IL TORO FIRMATO DA KRITON” NEL MUSEO DI OSTIAD.ssa Loredana Felli
(Roma, Università La
Sapienza, 1982)
Il gruppo marmoreo di
Mitra che uccide il toro , rinvenuto nel luglio 1938 nelle cosiddette Terme del
Mitra ad Ostia, ed oggi collocato nella
II sala del Museo Ostiense ,merita un approfondimento per quel che riguarda le
sue origini e la sua collocazione
stilistica, essendo nella sua struttura , totalmente differente da tutte le
altre raffigurazioni mitriache del tempo.
Il gruppo, in marmo
greco con venature verdastre e molte impurità di calcite e quarzo ha delle
dimensioni notevoli:m.1,70 di altezza; m.1,93 di lunghezza; m.0,50 di larghezza
sulla fronte; m.0,72 di larghezza sul retro.
Lo stato di conservazione è il seguente:
mancano le orecchie del toro e i pezzi
della coda, la parte estrema delle zampe posteriori, il fodero del pugnale, il
berretto frigio ( di cui rimane il foro del perno) e la la lama del coltello. Vi è una rottura sul bordo del chitonisco del
dio, nella punta del naso e su due dita della mano destra.
I restauri vennero effettuati in
antico, quando fu acquistato il gruppo per ornare il mitreo. Essi si
riferiscono a un ginocchio del toro, al braccio destro del dio (lavorato a
parte e imperniato), a parti delle corna, un orecchio e a pezzi della coda del
toro. Questi due ultimi non sono stati riutilizzati nel restauro effettuato dopo il rinvenimento, perché avrebbero rischiato di rovinare la scultura. Questi pezzi
restaurati anticamente sono di marmo grigiastro, simile a quello della base.
Il gruppo raffigura il dio Mitra
nell’attimo prima dell’uccisione del toro. Il dio, premendo con il ginocchio
sinistro il dorso del toro e arretrando la gamba destra con il piede puntato a
terra, tiene ben fermo l’animale e con la mano sinistra ne afferra saldamente
il muso portandolo all’indietro. Con la mano destra levata sta per immergere il
pugnale nella spalla del toro; la testa è rivolta verso l’alto.
Mitra indossa un semplice
chitonisco di stoffa pesante, corto sopra ai ginocchi, che lascia scoperta la
spalla destra, con due piccoli spacchi laterali sull’orlo inferiore e uno sulla
spalla. In vita ha una cinturina di cuoio che si restringe sul davanti in due
cordoncini annodati. A tracolla porta un balteo che sosteneva sul fianco sinistro
il fodero del pugnale. La parte posteriore della testa è rozzamente scalpellata
ed era completata dal berretto frigio, oggi mancante. Sul petto del toro è
inserita la firma dell’autore, disposta su tre righe:
K R I T
O N
A T E N
A I O S
E P O I
E I
L’artista greco che ha eseguito
il gruppo, Kriton, è forse identificabile con M. Umbilius Criton, che nel
mitreo ostiense della Planta Pedis (1) presso il Serapeo dedicò un labrum
marmoreo a Mitra. Prenome e gentilizio ci riportano al senatore M. Umbilius
Maximus, noto da iscrizioni ostiensi,
che forse fece ottenere a Kriton la cittadinanza romana, e lo stesso Kriton,
proprio per questo, ne assunse i nomi, aggiungendovi come cognome il suo
originario nome greco.
Il gruppo fu ritrovato al suo posto
originario, in fondo al mitreo. L’edificio non ha una nicchia, e la parete di
fondo, liscia, doveva avere una decorazione dipinta, in modo da servire come
sfondo cromatico per la statua. Il gruppo marmoreo è stato rinvenuto sulla sua
base in muratura, alta 30 cm., e disposta in diagonale.
Il lucernario sopra il gruppo
faceva filtrare la luce (2), che cadeva sul gruppo stesso, con effetto
suggestivo e mistico.
Al momento della scoperta
mancavano la testa del Mitra e le sue braccia, e la testa del toro, che furono
rinvenute nello scavo di una fogna che corre lungo la parete ovest del mitreo.
Oltre ad esse si rinvennero altri pezzi del gruppo che erano già stati
restaurati anticamente: un orecchio del toro, parti delle corna e della coda,
in ginocchio. Dato che nel grande salone sovrastante absidato delle terme si
sono trovati due pilastrini con i monogrammi cristiani scolpiti, testimonianti
il luogo del culto, è probabile che, quando i cristiani occuparono le terme,
volutamente abbiano distrutto e saccheggiato il mitreo sottostante,decapitati
il toro e Mitra, rompendo le braccia e altri pezzi più facilmente staccabili, e
abbiano gettato tutto volontariamente nella fogna vicina, lasciando il pesante
gruppo acefalo e mutilo.
Il Mitraismo (3) religione che
nacque in Persia, fu trasportato a Roma dai soldati di Pompeo nel 67 a.c.
L’apogeo del culto di Mitra fu verso la metà del III sec. Da quell’epoca
avvenne una rapida decadenza a causa delle invasioni barbariche e dei progressi
del cristianesimo, giacchè nella seconda metà del del IV sec. Inizio’ un
periodo di furiosa persecuzione contro Mitra.
Il Mitraismo è abbondantemente
documentato a Roma e ad Ostia da edifici di culto, il quale, anche all’epoca
della sua massima diffusione rimase sempre di carattere privato; alcuni mitrei
rinvenuti sono infatti in collegamento con edifici privati, per lo più abitazioni
di ricchi personaggi del II e del III sec.
Finora ad Ostia sono stati
identificati diciotto mitrei, segno che il Mitraismo trovò nella popolazione
ostiense un terreno particolarmente fertile favorevole . Mitra è il dio
persiano del Sole, salvatore degli uomini, che dona la forza terrestre
simbolizzata dal toro. Il culto, riservato alle confraternite private, aveva
luogo quasi sempre in santuari sotterranee, specie di cripte semibuie, alla
presenza di pochi fedeli , ai quali era assicurata l’immortalità dell’anima.
Solitamente (4) le raffigurazioni
più consuete di Mitra sono in rilievo e rappresentano il dio con il costume
orientale, il manto svolazzante trapunto dalle sette stelle e dalla mezzaluna.
Mitra tiene ben saldo il toro ponendo sopra di esso il ginocchio e gli inserisce
il pugnale nel fianco.
Il sangue che scaturisce dalle
ferite, si converte spesso in tre spighe di grano: un cane balza a lambire
questo sangue, un serpente striscia verso la ferita; uno scorpione afferra i
testicoli della vittima.
Ai due lati del toro figurano generalmente due portatori di
fiaccole, Cautes e Cautopates. Questi due dadofori formano con il dio stesso
una trinità e ne portano anche il costume.

L’unico caso a noi noto di
rappresentazione mitriaca a tutto tondo è rappresentato dal gruppo di San
Clemente, in cui il dio è raffigurato anche in un gruppo statuario collocato in
una nicchia come Sol Invictus, quasi una personificazione di Apollo – Helios. Anche il gruppo di Kriton è una
grande e maestosa scultura a tutto tondo, dove il giovane dio scalzo, vestito
solo della piccola exomis, trattiene con una mano il muso del toro e con l’altra
brandisce il pugnale di bronzo (la cui lama è oggi perduta) preludendo a quella
che sarà l’uccisione del toro. E’ la rappresentazione inconsueta dell’attimo
prima del supremo sacrificio, pieno di mistica attesa. Quindi non immergendo il
coltello, non può sprizzare il sangue a cui il cane ed il serpente potessero
abbeverarsi. Si noti, anzi che lo scultore ha raffigurato il corpo del toro
completamente schiacciato a terra ( a differenza dello schema comune) e aderente alla base, in
uno spazio in cui il cane ed il serpente non troverebbero posto.
La rappresentazione del dio nel
momento precedente all’'uccisione del toro, si riscontra in un disco bronzeo
oggi all'Ashmolean Museum di Oxford, in cui Mitra indossati come sempre in
berretto frigio e le vesti orientali, non ha ancora immerso il coltello nel
collo del toro, analogamente al gruppo di Kriton. Questo stesso schema ripete
quello della Nike tauroctona (5) già fissato nell’arte greca alla fine del V
sec. E di cui una delle immagini più note è la figura sulla balaustra di
Athena-Nike sull’'Acropoli di Atene. La tradizione della Nike bouthytousa si
ritrova in Grecia in vasi, monete, gemme, terracotte, che presentano notevoli
affinità con il gruppo di Kriton; affinità già sottolineate dal Cumont che fa
risalire il gruppo intorno al II secolo.
Il Becatti (6) affrontò il
problema della collocazione stilistica del gruppo, in un primo tempo,
evidenziando delle somiglianze tra la testa del Mitra ostiense e quella di
Alessandro- Helios (notoci dalla copia del Capitolino), dall'’espressione
patetica, che lo avrebbe ispirato. Infatti si unirebbero due opere,
testimonianze della trasformazione del tipo Alessandro – Helios in Mitra , che
si potrebbe accostare al nostro gruppo: una testa del Barracco ( già
considerato dallo Schreiber Alessandro – Helios, ma da ritenere Mitra per il
berretto frigio) e la testa del Mitra ostiense degli Animali, oggi al Museo
Gregoriano Profano. Ambedue queste teste mostrano un modellato di stile
tardo-ellenistico di ambiente asiatico, forse pergameneo. Ma, a differenza di
queste, la testa di Kriton si distingue per un modellato più duro e per un
carattere più spirituale che la riallaccerebbe a sculture attiche tardo-
ellenistiche, quali quelle di Damophon da Messene ed Euboulides.
Il Becatti ha ripreso
successivamente l’argomento analizzando un gruppo marmoreo, raffigurante un
“Gladiatore che uccide il leone” della Collezione Giustiniani nel Parco di
Bassano di Sutri, che rappresenta l'’unico confronto preciso con il gruppo
ostiense.
Sebbene il gruppo di Sutri abbia subìto molti restauri
cinquecenteschi, tuttavia quel che resta di ’antico delle figure, cioè il torso,
corrisponde esattamente alla statua di Kriton. Infatti quello che si intravede
attraverso la forte patina sembra indicare delle precise corrispondenze con il
Mitra ostiense, nel ductus delle pieghe del panneggio, nella struttura generale
del nudo, anche se con un modellato più rozzo.
I caratteri ellenistici
riscontrabili nelle due opere potrebbero far pensare ad una creazione di
ambiente microasiatico, ma finora non si hanno elementi che possano confermare
una simile tipologia del Mitra sia in Asia minore sia in Grecia, sia nella
penisola balcanica come del resto in ogni altro centro dove rimangono delle
testimonianze della regione mitriaca.
La datazione del gruppo ostiense,
piuttosto alta (età adrianea o immediatamente successiva), quando il culto
mitriaco non si era molto diffuso è forse all’origine delle numerose differenze
rispetto agli schemi consueti.
Il problema stilistico, pur con
il raffronto della copia Giustiniani, non si è più risolto e rimane aperto:
forse Kriton, neoattico, ideatore di questo Mitra ellenistico, eseguì il gruppo
ostiense a Roma ( qui esisteva una fiorente scuola di artisti neoattici), dove
sarebbe stato copiato e l’originale, già deteriorato sarebbe finito nel mitreo
ostiense, o forse il modello di Kriton e della copia Giustiniani è da ricercare
altrove, in un comune archetipo.
***
1) Sul mitreo ostiense della
Planta Pedis l’iscrizione di M. Umbilius Maximus è nel CIL. XIV 251
2) G. Becatti, Scavi di Ostia,
II, Roma, 1954pagg,
I Mitrei, Poligrafico di Stato
Calza- Nash, Ostia, Sansoni, 1959, pagg
Pavolini, Guida di Ostia, Laterza
3) Sul culto mitriaco: R. Turcan,
Salut mitriaque et soteriologie neoplatonicienne, in Atti del colloquio su la
soteriologia dei culti orientali nell’impero romano, EPRO, Leiden, 1982,
pagg.173-185
I. Chirassi Colombo, Il
sacrificio dell’essere divino, in Atti del coll.su la soter.dei culti orientali
nell’imp.rom., EPRO, Leiden, 1982, pagg.314-317
B. Lincoln, Mithra(s) as sun and
savior, in Atti del coll.su la soter.dei culti orientali dell’imp. Rom., EPRO,
Leiden 1982, pagg.505-517
Meiggs, Roman Ostia, Oxford,
1960, pag.372 ss. Bianchi (ed), Misteria Mithrae, (EPRO 80), Leiden 1979
4) Per le caratteristiche
fondamentali dell’iconografia del dio si veda ad es. un’ara marmorea, nel Mitro
di San Clemente ( della fine del II sec.), raffigurante sulle quattro facce dei
rilievi il dio che immola il toro ( Mitra in vesti persiane e berretto frigio
introduce il coltello nella spalla del toro), i due lampadofori e un enorme
serpente. Si nota così come vengono mantenuti molti elementi di base della
rappresentazione mitriaca: il serpente, i lampadofori, l’atteggiamento e
l’abbigliamento del dio. Ciò è evidente anche nel mitreo di S. Prisca, ( di età
severiana) che, seppur con delle diversità ( di fronte al toro giace il dio
velato, Caelus – Saturnus) è perfettamente riconoscibile nell’iconografia mitriaca.
Vedi, a questo proposito : Vermaseren Van Essen, The excavations in the
mithreum of the church of S. Prisca in Rome, Leiden, E . J. Brill,1965.
5) Questo tipo di Nike è
documentato anche in monumenti romani, come nella Victoria sul Palatino, o nei
frammenti di fregio co Vittorie sacrificanti un toro (INV: N:
225,236,239,72291).
Sul prototipo di Nike della
balaustra del tempietto di Athena- Nike nell’acropoli, concorda anche il
Borbein (in Die Stiertopende Nike, munchen, 1964, pag.89) e il Vermaseren in
Mithras in der Romerzeite, in Atti del colloquio internazionale su la
soteriologia dei culti orientali nell’Impero Romano, Leiden, 1979, pagg.96-113.
Fu, comunque, per primo Cumont a ricercare l’origine di Mitra nella Nike
tauroctona, in Textes, I, pag 81 ss e 213-219.
6) G. Becatti “ Scavi di Ostia “,
II, 1954, Poligrafico dello Stato.
7) G. Becatti, Attikà, Saggio
sulla scultura attica dell’ellenismo, in Rivista Istituto Archeologico Storia
dell’Arte VII, 1940, pag 14-16 e 52-55.
8) G. Becatti “ Una copia
Giustiniani del Mitreo di Sutri” nel Bollettino d’Arte, 1957, pag 1-6.
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